Sono risalito sul monte Gelbison dopo venticinque anni ed i ricordi erano lì ad aspettarmi.
Si partiva di notte, in pullman. Si arrivava ai piedi della montagna che l’alba ancora non era pronta per il suo turno. Nonostante fosse piena estate, l’aria era fredda ed incoraggiava la salita. La montagna la si affrontava per fede: chiedere una grazia o ringraziare per averla ricevuta, percorrendo sempre lo stesso sentiero segnato nei secoli. Qualcuno, a volte, preferiva accorciare il tragitto, ed il rumore dello sgretolarsi delle felci sotto i suoi piedi, tranciava le litanie dei salmi e dei canti intonati dai più anziani. Qualcun altro si attardava per godersi il paesaggio e gustarsi gli odori del bosco. Il Santuario della Madonna del Monte si avvicinava e ad ogni passo la fatica si attenuava.
“…si si, Gesù esiste, ma deve la sua importanza al fatto di essere figlio della Madonna” racconta un’anziana signora passandomi accanto, ed io ritorno in me. Questo posto è Sacro. Questo Monte è Sacro. Qui si soddisfa la necessità di essere più vicini al cielo per farsi sentire meglio, come se si avesse paura che troppo in basso i rumori della vita potessero coprire le preghiere e distrarre il Padreterno.
Il panorama è sbalorditivo: dalle valli del Cilento alla pianura di Paestum, dal golfo di Salerno alle isole Eolie.
Anche chi si arrampica fin qui solo per amore della natura, varcherà la soglia della chiesa, si lascerà trascinare fino all’altare e bacerà il mantello della Madonna. Guardandosi intorno sentirà il cuore gonfiarsi, provando una sottile felicità. Gli scapperà un sorriso e farà ritorno a casa raccontando di una piacevole gita in montagna: una Montagna Sacra.