Lisbona sotto la pelle

Sono salito sul tram numero 28 per caso. Il simbolo più popolare della città è il primo tram passato alla fermata appena fuori l’appartamento preso a Lisbona. Strano che non sia pieno, penso. Nessuno parla con il vicino e comunque non in portoghese. Una locandina che invita a stare attenti ai borseggiatori, l’aria tiepida che entra dai finestrini tutti aperti ed il rumore dello stridere delle ruote di ferro sui binari che guidano l’elettricos nel traffico non ancora caotico.

Come mi aspettavo, durante il tragitto il tram si riempie, per lo più di turisti. Il cuore di Lisbona scivola all’esterno, pulsando sempre più forte man mano che si arrampica per la collina dell’Alfama. Mi immergo nelle strade che salgono e scendono per il quartiere più antico di Lisbona, camminando accompagnato dallo sferragliare dei tram che si mescola alla musica malinconica del Fado che esce dalle porte aperte delle case dove mi fermo volentieri a bere una ginjinha.

Intorno a me c’è di tutto. Signore in grembiule che chiacchierano tra gli sguardi curiosi dei turisti, vecchi che si arrampicano senza fatica per le salite, bambini che giocano nelle stradine chiuse, pittori seduti sugli scalini con i taccuini sulle ginocchia, sfaccendati che cercano di nascondersi dai mille cellulari puntati ovunque mentre sbriciolano hashish. Tutto avvolto da una spensieratezza che può sembrare fuori luogo: è la saudade e mi ci trovo proprio bene.

Arrivo in Rua Garrett attraversando Largo do Chiado: è una distesa di persone. Il celebre caffè A Brasileira, ritrovo di intellettuali della Lisbona di inizio secolo scorso, si intravede appena tra ombrelloni e tavolini. Di fianco la statua di Pessoa, abbracciata e baciata da tutti quelli che passano, sedotti dalla possibilità di farsi una foto.

Una brezza fresca mi guida verso Praça do Comércio ed il tramonto lungo il fiume, per sempre nella mia memoria dopo la sera dell’eclissi. Questa città mi da la sensazione di essere in pieno mutamento. Uno strato fatiscente che sembra essere mal sopportato da un’eleganza che, però, fatica ad emergere. Come se fosse in corso una battaglia tra il caos dei tram e dei tuk tuk per turisti ed il desiderio di nostalgia e di lentezza del Fado, ma nessuno ha realmente voglia di vincere.

Ho letto molto su Lisbona prima di partire, forse troppo, e questo ha addomesticato l’effetto sorpresa essenziale in un viaggio, ma “O Aroma de Lisboa” si è insediato sotto la pelle, indelebile.

Con questi pensieri ancora a spasso per la mente, arrivo davanti al Convento do Carmo. Attraverso un piccolo ponte ed un localino, e salendo una ripida scala a chiocciola arrivo sulla terrazza dell’Elevador de Santa Justa. Il panorama notturno riscatta le delusioni dei vari miradouro in giro per la città. La splendida veduta, da’ la forza di sopportare  l’aria diventata quasi fredda. È molto tardi. Il tram 28 è fermo in un deposito chissà dove, per le strade non c’è più il vociare assordante della gente, il Fado è rinchiuso nei locali. Qualche cicala sottolinea il silenzio in cui è avvolta Lisbona, ma è solo per qualche ora.

Mi piacciono i libri di carta, le magliette con i disegni, le matite ed il vino, quello buono. Leggo, cammino, scrivo.

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