Quando da bambino prendevo il treno nasceva una magia particolare, anche se la destinazione non era sempre piacevole. Mi sentivo importante. I treni erano abbastanza lenti da consentire di affacciarsi al finestrino e godere dello scorrere del paesaggio. C’era il tempo di contare le pecore nei campi, di essere seguiti da un’auto e salutare qualcuno che ti stava guardando. Quando si attraversava una città, mi piaceva sbirciare nelle finestre delle case che si affacciavano nei pressi dei binari, mi chiedevo come si chiamassero quelle persone e se avessero mai preso un treno. Avrei voluto urlare: “ehi, sono qui sul treno, mi vedi?”
Ora i treni viaggiano ad una velocità elevata che ha accorciato notevolmente le distanze. I finestrini non si abbassano più, siamo comodamente seduti e collegati al mondo, ma non a quello che stiamo attraversando.
“ Viaggiare in treno, su grandi distanze, mi ha ridato il senso della vastità del mondo e soprattutto mi ha fatto riscoprire un’umanità, quella dei più, quella di cui uno, a forza di volare, dimentica quasi l’esistenza: un’umanità che si sposta carica di pacchi e di bambini, quella cui gli aerei e tutto il resto passano in ogni senso sopra la testa” T. Terzani
Bellissimo pensiero. Condiviso sulla mia pagina fb ovviamente 😀
Un abbraccio, Paco!