#UnViaggioUnLibro: i Passaggi Segreti della terra di mezzo

Poteva essere la strada provinciale 216, ma forse no. Forse era prima di arrivare sulla SP216, forse era prima di arrivare a Colledimezzo. Anzi, credo proprio fosse nella terra di mezzo tra il Molise e l’Abruzzo.

L’unica cosa certa è che la strada, intesa come una carreggiata divisa da una linea bianca tratteggiata, delimitata dai guard-rail, senza preavviso, termina e mi trovo davanti a due blocchi di cemento che sbarrano il passaggio, forse ad evitare il transito di mezzi pesanti. Dalla radio escono le note della chitarra dei Led Zeppelin che introduce Stairway to Heaven: mi lascio suggestionare e mi fermo. È novembre inoltrato, non c’è nessuno davanti né dietro di me. Gli alberi intorno hanno varie sfumature di rosso e al di là dello sbarramento, il rosso diventa sgargiante, in contrasto con il grigio della strada che si restringe notevolmente. Nonostante lo smarrimento, attraverso i blocchi di cemento con l’animo audace di chi ha il coraggio di andare oltre, di chi sta attraversando un passaggio segreto.

Un passaggio segreto.

Dopo la prima curva, mi blocco di nuovo. Mi giro d’istinto come a volermi assicurare che il libro che sto leggendo sia ancora nello zaino sul sedile posteriore, oppure si sia ingigantito risucchiandomi al suo interno: ho il sospetto di essere finito nelle pagine di “Passaggi Segreti” di Federico Pace.

Passaggi Segreti

“Andare su queste strade non vuol dire solo andare da un luogo all’altro, ma accedere a una dimensione segreta dove il fluire dei giorni appare sotto un’altra luce. Più nitida e più necessaria.”

Sento di aver valicato un checkpoint oltre il quale tutto quello che vivrò, non potrò raccontarlo, cosciente che nessuno potrà capire.

“Sempre le storie sembrano contenere qualcosa di più di quel che apparentemente raccontano. Dicono sempre qualcosa di ampio e universale e, allo stesso tempo, qualcosa di minuto, piccolissimo, che riguarda solo noi.”

Questo viaggio riguarda solo me – forse è per questo che mi hanno fatto partire da solo.

La strada si ripiega su se stessa più volte tormentando il volante che gira e rigira come a volermi impedire di compiacermi della natura intorno. Ma questo è un viaggio che riguarda solo me e non perderò l’occasione di capire perché:

“Sono partito per un viaggio breve che non pensavo potesse condurmi così lontano.”.

Ho voglia di sorridere. Non c’è un motivo reale, fatti salvi i pensieri ai limiti del ridicolo che mi girano nella testa, ma sento uno stato di ebbrezza dovuto alla consapevolezza di poter vivere questa esperienza con una libertà che di solito è negata nei viaggi di lavoro.

Guido piano, tanto da permettere alle foglie ormai secche che si staccano dai rami, di fermarsi sul parabrezza senza scivolare subito via. Respiro con la consapevolezza di uno Yogi, con uno stato di presenza tale da sentirmi parte che bosco che la strada sta tagliando in due. Questa terra è seducente, senza essere appariscente.

Poche case sparse si aprono sulla strada lasciando trasparire una vita serena, fatta di lavoro e buon cibo. L’aria profuma di terra bagnata e muschio. Si intravedono alcuni paesini arroccati in punti strategici dell’Appennino centrale, eredità di un medioevo nel quale ci si doveva proteggere dagli invasori, utili oggi a difendersi dalla frenesia ingiustificata dell’era moderna.

Quando la terra di mezzo diventa terra d’Abruzzo, il bosco termina e l’orizzonte si allunga sulla campagna. C’è un albero solo e spoglio che nasconde il sole al mio passaggio, decido di fermarmi. Mi avvicino per scattare una foto calpestando la terra arata da poco, incantato come un bambino che non ha mai visto il mare. Si avvicina un trattore: il rumore è assordante, troppo, come a voler difendere i suoi confini. Saluto il contadino che ricambia chiedendomi se mi fossi perso. Sorrido intuendo che la battuta voleva essere una richiesta del perché fossi lì, sulla sua terra. Scambiamo poche parole coperte dal fracasso del motore a scoppio e ritorno al libro che ormai è legato a questo viaggio per sempre. Apro una pagina a caso come a consultare un oracolo:

“… mi chiedevo se c’era qualcosa che lo spingesse a cercare nei luoghi quel che nelle persone non era riuscito a trovare. O forse lo aveva trovato e poi perduto.”

La terra intorno è diventata un reticolato asimmetrico di colori che vanno dal verde al marrone, somigliando ad un pupazzo di pezza rattoppato più volte. Non ricordo più dove sono diretto e perché, e vorrei conservare questa condizione a lungo. Il sole sfrontatamente caldo, nonostante sia autunno avanzato, mi aiuta a tenere il finestrino abbassato, consentendomi di ascoltare il chiacchiericcio di alcuni ciclisti e di chi percorre a piedi quella che scoprirò essere una deviazione del Cammino di San Tommaso.

In un momento in cui viaggiare è un’utopia ed anche una gita fuori porta è molto complicata, mi sembra un’impresa poter fare un breve spostamento e viverlo così intensamente. Ne è nata un’inattesa riflessione sul viaggiare, non come itinerario fisico, ma come stato della mente. Inteso come fusione tra ciò che accade fuori e ciò che accade dentro di me. Viaggiare con i sensi accesi, con la lentezza mentale di chi vuole entrare in comunione con ogni cosa intorno: viaggiare in tutti i sensi, viaggiare come vorrei che fosse sempre.

“Ogni viaggio, anche senza saperlo, è quasi sempre un’esplorazione che ripercorre le tracce di chi ci ha preceduto”

Al mio arrivo, allungando un braccio nella direzione dalla quale ero appena apparso, c’è chi mi chiede:

“Hai fatto anche tu quella strada di merda?”

Come pensavo: terrò per me l’immenso carico di emozioni che è stato attraversare la terra di mezzo.

 “La schiera degli Appennini, i due mari separati, le infinite e tortuose vie che conducono da una sponda all’altra. Il passaggio, il superamento e quel che infine si riesce ad accettare. Nulla è più ineludibile e attraente, nulla è più irresistibile, quando si percorre l’Italia, come cercare di travalicare gli Appennini e unire i due mari che stanno separati. Nulla è così particolare, unico, come cercare di passare la schiera ossuta e scabra d’Italia che, toccando quindici regioni, al pari di un enigma o di un rebus, si offre a ciascuno quando ci si propone l’avventura di mettere in contatto il Tirreno, che rimane lì dove muore il sole, e l’Adriatico, che invece rivolge lo sguardo dove ogni volta, ogni giorno, come un sorpresa, l’astro di luce risorge.”

Mi piacciono i libri di carta, le magliette con i disegni, le matite ed il vino, quello buono. Leggo, cammino, scrivo.

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